(N.B. Per barista non si intende chi sta alla cassa, ma chi è al banco).

Il neo-assunto: Ci sono due sottocategorie. Quello con esperienza (lo capisci subito dalla tempistica con cui maneggia beccucci e scalda il latte), e quello che è al primo lavoro. Mai aspettarsi un caffè che non ti bruci il palato, o un cappuccino con la schiuma non troppo *evanescente* (quella che non fai neanche in tempo a sentirne il sapore, perché ti si è già sciolta sulla lingua).

Il proprietario: lui è il boss, e tappa il buco del cameriere (magari usato per coprire gli orari più affollati). Mai credere che il suo essere proprietario lo spinga a realizzare un prodotto di qualità eccelsa. Sta là per risparmiare, quindi potete pure sorbirvi la ciofeca.

Il premuroso: senza che tu glielo chieda, ti fa trovare pronto un bicchiere d’acqua (un toccasana la mattina); accanto alla tazzina di caffè ti avvicina il contenitore con lo zucchero; se è molto in vena, ti offre pure un mini-cioccolatino. Se bevendo il cappuccino fai una faccia strana, ti chiede se va tutto bene. Ovviamente quando ti giri, per andartene, vieni accompagnato dal suo “grazie”.

Il chiacchierone: lo trovi nel bar in cui non c’è molto da lavorare. Gli basta poco per attaccare bottone. Il giornale che tieni in mano, il tempo, o il cellulare con cui controlli l’email (cosa che faccio sempre quando sono al banco). La domanda è sempre la stessa: ma con tutte le info che raccolgono, ci scrivono un trattato? O aggiornano un blog sulle fenomenologie del cliente?

Lo sfruttato: non ci vuole molto a capire quando qualcuno viene pagato quattro soldi, ma è costretto a turni estenuanti, o a gestire tutto il banco da solo. E’ sempre di corsa, e, soprattutto, non sorride mai. Una sorta di barista RyanAir, senza le percentuali sulle vendite.

Il laconico: non ti chiede neanche cosa vuoi, sei tu a doverglielo dire. Non aspettatevi neanche il “prego” quando appoggia la tazzina sul piattino.

Il piacione (etero): Lo stipendio è quello che è, quindi perché non approfittarne per acchiappare qualche bella pollastra, preferibilmente straniera? Genere diffuso nel centro storico di Roma, quasi esclusivamente etero. Davanti alla ragazza di turno, si diverte a lanciare in aria arance, a scherzare ad alta voce coi colleghi (perché fa molto maschio), e magari a darsi una grattata al pacco.

Lo spallato: Quel lavoro proprio non gli piace, e non fa niente per non fartelo capire. Forse lo sa pure il proprietario, che magari attende di trovare un sostituto. Però a volte riserva simpatiche sorprese: sia umane, che di prodotto.

4 Responses to “Fenomenologia del barista.”

  1. Baylor Says:

    Come al solito.. eccellente mister Riv… eccellente…

    @ Rodry

    Si… il primo è quello che ci lasci attaccato le labbra alla tazzina di solito…ho presente ;-)

  2. Stefy Says:

    mmm mi sa che io ero nella categoria chiaccherona…

  3. franci Says:

    Di fondo sono la neo-assunta al primo lavoro..e a seconda dei giorni passo dalla premurosa alla sfruttata(ovviamente a seconda della quantità di gente che devo servire).. river, si nota solo un pochetto che il punto di vista è quello del cliente ;-)
    e a noi poveri baristi chi redige la fenomenologia del cliente del bar??

  4. Matteo Says:

    L’ho fatto per un pò di tempo ed è esattamente così ahahhaha
    Il capo purtroppo non cambia mai:pieno di sè,crede di poter avanzare qualsiasi tipo di diritto su di te anche quando sei li in ‘nero’.
    L’unica aspetto buono è quello di regalare qualche sorriso al mattino per chi è sempre di fretta.Chissà che non ricordi della tua gentilezza!

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