Pause.
September 30th, 2012
Ci sono. In silenzio, ho letto. E riletto. A quello che ho scritto qui, ai commenti, alle pagine di vita di cui questo diario virtuale si è andato riempiendo in questi nove anni di blogging. E ho pensato molto. La pausa forzata, imposta da un attacco ai server americani di Godaddy, con conseguente casini nei file del database, mi ha spinto a ragionare sul rapporto che ho costruito in questo periodo con quegli X-mila lettori giornalieri. I dati mi importano poco. Dieci o settemila, non contano: il mio obiettivo – spesso centrato – è stato quello di costruire un rapporto umano, vitale, con la river-community. Comunità vivace, viva, audace, a volte anche critica. Ma sempre viva. Avrei voluto scrivere qualcosa, giorni fa. Ma poi mi sono reso conto che non ero io a voler scrivere, quanto piuttosto il-tempo-che-passava-senza-post a farmi sentire in dovere di buttar giù qualcosa. E allora ho capito che, negli ultimi tempi molti post erano dettati da quella frenesia – tipicamente internettiana – che considera il silenzio come una minaccia ai click. Quegli stessi click che ho, spesso, guardato con ostilità. Perché, a differenza di quanti cercano il “successo” sul web, io ho sempre e solo cercato la serenità, il cazzeggio, le interazioni costruttive. La cosiddetta “popolarità” virtuale mi ha sempre disturbato. E così mi sono fermato. E sono fermo anche oggi, in questa giornata di riposo in cui me ne sono rimasto a letto, svuotando la testa dalle preoccupazioni di settimane di lavoro in cui è sempre più difficile trovare del tempo per respirare. Ma non è quello il punto. Devo capire cosa ho da dire. Cosa mi aspetto dalle persone che vengono qui.
We are family, lo dico spesso. E ne vado fierissimo, perché penso che, ad oggi, sia l’unico motivo per il quale non stia pensando di “chiudere bottega”. E proprio per questo motivo scrivo queste righe, una sorta di “it’s all ok” message. Un modo, anche, per ringraziare tutti quelli che mi hanno scritto, in questa settimana, per chiedere, dire, suggerire, spronare a riprendere. Sentire che qualcuno si preoccupa per un “nick” è un riconoscimento che mi riempie di orgoglio. Eppure, oltre questa schermata facilita-emozioni, ti capita di sentirti più solo del solito. Mi capita, sempre più spesso. E allora sei tentato di far entrare cento, cinquecento, mille di quei nickname a casa tua, abbracciarli, uno ad uno. Con uno è stato così, qualche giorno fa, e non me ne sono pentito, dell’ospite fiorentino. Ma poi ci sono gli affetti, indipendentemente dal blog. Una sfera che, da qualche tempo, mi ricorda un paesaggio arido, con qualche rigagnolo d’acqua che, a fatica, riesce a farsi strada nella terra secca sbruciacchiata. Ho pensato alle mie ultime storie d’amore, tutte nate su queste pagine. E mi son chiesto se è questo quello che cerco, ancora oggi. Già.
Ci sono. Ci sarò (anzi, ci saremo: io e micio). Non so quando. Non è un post lacrimoso, perché continuerò a twittare e facebookkare, non è morto nessuno. Ma ho bisogno di un po’ di tempo per pensare ancora a me, a noi, a queste pagine.
A presto.
Noticina tecnica.
September 22nd, 2012
I ragazzi dell’accademia navale e “Gangnam style”.
September 19th, 2012
Tra i video virali più irritanti degli ultimi tempi, c’è quello del rapper coreano Psy, autore della hit “Gangnam style”. Ma di fronte ai ragazzi dell’accademia navale americana, che hanno reinterpretato la canzone a modo loro, non potevo fare altro che inchinarmi, embeddare e applaudire.
Scelgo il primo.
Scoop da prima pagina.
September 18th, 2012
Uno skate per due.
September 18th, 2012
Obama, pissing photobombing
September 17th, 2012
L’annuncio della settimana/No animali, no gay.
September 17th, 2012
Non è il primo e non sarà neanche l’ultimo annuncio omofobico. La “selezione” di un inquilino passa, spesso, per l’orientamento sessuale. C’è chi lo dichiara nell’annuncio e chi, più subdolamente, attende il “colloquio” conoscitivo, per fare qualche domanda inquisitoria. Ma qui, con l’associazione animali/gay, siamo andati oltre (grazie a Godot per la segnalazione).
La bionda russa sfila sul tetto.
September 17th, 2012
Il surfista biondo sfila in strada.
September 17th, 2012
Charlie Puth canta l’amore finito di Taylor Swift.
September 16th, 2012
Le più belle guancerosse/sopracciglia di Youtube tornano con una cover sull’amore finito (per sempre): “We will never ever come back together” (di Taylor Swift). Lui si chiama Charlie Puth, e dopo una toccante interpretazione di “Someone Like You”, è stato notato da Ellen DeGeneres, che gli ha fatto firmare un contratto con la sua casa discografica.
Colorata leggerezza pop.